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Recensioni

2002 Mostra personale “Scaglie di Liguria” a Villa Groppallo (Vado Ligure)

Recensione di Giovanni Lunardon

Ponti di pietra a cavallo di aspri torrenti, improvvisi squarci di mare e di luce che si aprono al fondo di viottoli acciottolati, barche di pescatori tirate in secco sulla spiaggia, agavi pungenti ai piedi di muri a secco, ondeggianti riflessi di case affacciate sul mare, ripidi sentieri a spina pesce che salgono lungo le colline, frammenti di Liguria insomma, paesaggi noti e angoli del tutto sconosciuti, affiorano nelle opere di questa nuova rassegna di Cristina Sosio.
La giovane artista savonese, anzi quilianese, che ci ha abituato in altre occasioni a riconoscerne le già mature capacità pittoriche, nella nuova esposizione di Villa Groppallo si cimenta con successo nelle tecniche di incisione, mettendo a punto quelle conoscenze artistiche ed empiriche maturate negli anni dell’Accademia.
I soggetti tratti dal paesaggio ligure, sia costiero che collinare, in un arco geografico che copre l’intera regione da Ventimiglia a La Spezia, diventano spunto per raffinate opere lavorate per lo più ad “acquatinta”, spesso integrata, in particolare per i dettagli vegetazionali, dalla tecnica dell’ “acquaforte”; non mancano tuttavia opere incise “a punta secca” sia su lastre di rame, con effetti più sfumati, sia su lastre di zinco, ottenendo segni più netti.
La perizia acquisita da Cristina Sosio in queste tecniche la porta ad un uso disinvolto del colore che non di rado ravviva i riquadri, dando vita a complesse composizioni non solo a due o tre colori ma perfino in quadricromia, accanto ad altre nella più tradizionale veste monocroma.
Di fronte agli occhi dello spettatore si dipana così una sequenza di immagini (ben trenta incisioni) ordinate lungo un percorso ideale che abbraccia da occidente a levante questa nostra straordinaria terra di Liguria e si inoltra attraverso un sempre mutevole paesaggio fisico dove non compaiono figure umane, ma che tuttavia è il frutto di un millenario processo di azioni antropiche che lo hanno trasformato qualitativamente e quantitativamente, imprimendovi per sempre il segno di una umanità laboriosa e tenace.
Tale percorso non si snoda soltanto sul piano, pur accattivante e ricercato, dell’arte figurativa, ma si sviluppa parallelamente sul versante letterario con un insieme di rimandi e citazioni (non semplici didascalie) che accompagnano lo spettatore in questo inusuale viaggio dentro lo “spazio ligure”. Il rapporto tra l’elemento artistico e quello letterario è talmente intrecciato da costituire una sorta di continuum poetico in cui è impossibile stabilire dove inizia la “poesia visiva” e dove invece quella “testuale”.
In questo modo, all’interno di un intrigante gioco intellettuale, i grandi nomi della letteratura ligure tra la fine dell’Ottocento e il secolo che si è appena chiuso alle nostre spalle, da Edoardo Firpo a Mario Novaro, da Camillo Sbarbaro ad Eugenio Montale, diventano insostituibili guide (se vogliamo più semplicemente chiavi di lettura) per oltrepassare una visione tesa a cogliere solo gli elementi esteriori del paesaggio ed attingere per questa via, senza soluzione di continuità, al più profondo paesaggio dell’anima umana.
Nulla di strano dunque se il titolo di questa mostra “Scaglie di Liguria” rievoca liberamente quel passo di Montale dove, nell’ “osservare tra frondi il palpitare/ lontano di scaglie di mare/ mentre si levano tremuli scricchi/ di cicale dai calvi picchi”, balena per un istante l’essenza stessa della nostra terra, stretta tra colline boscose e la massa liquida del mare nella calda luce del sole meridiano.
Pur in una mostra contraddistinta in misura prevalente da incisioni, Cristina Sosio non dimentica di essere (anche) una pittrice ad olio e ne dà prova con quattro opere, sempre ispirate al paesaggio ligure ma in cui compaiono anche figure umane, con le quali prosegue la propria ricerca tecnica a metà tra il recupero di un sapere antico e la sperimentazione.
Abbiamo così due tele sabbiate, dipinte sì con colori ad olio ma con una tecnica che riprende la modalità medievale dell’ “a fresco” parietale, e altre due opere realizzate ancora con colori ad olio ma su carta.
Tra queste ultime spicca la rappresentazione della Madonna della Misericordia e del Beato Botta entro lunetta, opera di trasparente ispirazione medievale per la forma, il soggetto, l’esecuzione e non ultimo per l’iscrizione entro cartiglio, che recita in obliquo il celebre motto “Misericordia e non Giustizia”, facendo riaffiorare alla memoria il ricordo di analoghe figurazioni presenti sulle vetrate delle chiese gotiche o sulle pagine dei codici miniati.

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